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LA NUOVA LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO DI MILANO, MONS. MARIO DELPINI PER L’ANNO 2019-2020 "LA SITUAZIONE E’ OCCASIONE" |
‘La situazione’: ogni situazione che la vita ci presenta quotidianamente può diventare una ‘occasione’ per annunciare e per vivere il vangelo. Lo ricorda proprio San Paolo, prigioniero probabilmente a Roma, quando scrive ai pagani di Filippi (cittadina macedone, ora francese; la prima città europea che è stata evangelizzata da San Paolo) quando confidenzialmente dice: ‘Io sono in carcere, in una ‘situazione’ precaria, ma questa situazione è diventata per me una ‘occasione’ per il vangelo, perché io ho detto a tutti che il motivo per cui sono in carcere è Gesù Cristo e così tutto il Palazzo del Pretorio, risuona del nome di Cristo e tutti sanno che sono qui per questo’.
Riferendosi all’Anno liturgico 2019-20, l’Arcivescovo si sofferma in particolare su 6 ‘Tempi liturgici’ ai quali dedica 6 ‘Lettere’ per aiutare i fedeli a viverli bene. Le sei Lettere riguardano:
2) il Tempo di Avvento, che inizierà il 27 Novembre, 3) il Tempo di Natale 4) il tempo della Quaresima 5) il Tempo pasquale 6) il Tempo dopo Pentecoste.
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2014
Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9) Cari fratelli e sorelle,
La grazia di Cristo Anzitutto ci dicono qual è lo stile di Dio. Dio non si rivela con i mezzi della potenza e della ricchezza del mondo, ma con quelli della debolezza e della povertà: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi…». Cristo, il Figlio eterno di Dio, uguale in potenza e gloria con il Padre, si è fatto povero; è sceso in mezzo a noi, si èfatto vicino ad ognuno di noi; si è spogliato, “svuotato”, per rendersi in tutto simile a noi (cfr Fil 2,7; Eb 4,15). È un grande mistero l’incarnazione di Dio! Ma la ragione di tutto questo è l’amore divino, un amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate. La carità, l’amore è condividere in tutto la sorte dell’amato. L’amore rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio ha fatto questo con noi. Gesù, infatti, «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22).
Che cos’è allora questa povertà con cui Gesù ci libera e ci rende ricchi? È proprio il suo modo di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano che si avvicina a quell’uomo lasciato mezzo morto sul ciglio della strada (cfr Lc 10,25ss). Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria. È ricco come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi genitori e non dubita un istante del loro amore e della loro tenerezza. La ricchezza di Gesù è il suo essere il Figlio, la sua relazione unica con il Padre è la prerogativa sovrana di questo Messia povero. Quando Gesù ci invita a prendere su di noi il suo “giogo soave”, ci invita ad arricchirci di questa sua “ricca povertà” e “povera ricchezza”, a condividere con Lui il suo Spirito filiale e fraterno, a diventare figli nel Figlio, fratelli nel Fratello Primogenito (cfr Rm 8,29). È stato detto che la sola vera tristezza è non essere santi (L. Bloy); potremmo anche dire che vi è una sola vera miseria: non vivere da figli di Dio e da fratelli di Cristo. La nostra testimonianza
Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle. La miseria non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale. La miseria materiale è quella che comunemente viene chiamata povertà e tocca quanti vivono in una condizione non degna della persona umana: privati dei diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali il cibo, l’acqua, le condizioni igieniche, il lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita culturale. Di fronte a questa miseria la Chiesa offre il suo servizio, la sua diakonia, per andare incontro ai bisogni e guarire queste piaghe che deturpano il volto dell’umanità. Nei poveri e negli ultimi noi vediamo il volto di Cristo; amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo.Il nostro impegno si orienta anche a fare in modo che cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria. Quando il potere, il lusso e il denaro diventano idoli, si antepongono questi all’esigenza di una equa distribuzione delle ricchezze. Pertanto, è necessario che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione. Non meno preoccupante è la miseria morale, che consiste nel diventare schiavi del vizio e del peccato. Quante famiglie sono nell’angoscia perché qualcuno dei membri – spesso giovane – è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco, dalla pornografia! Quante persone hanno smarrito il senso della vita, sono prive di prospettive sul futuro e hanno perso la speranza! E quante persone sono costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute. In questi casi la miseria morale può ben chiamarsi suicidio incipiente. Questa forma di miseria, che è anche causa di rovina economica, si collega sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore. Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera. Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana. Cari fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona. Potremo farlo nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà. La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole. Lo Spirito Santo, grazie al quale «[siamo] come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto» (2 Cor 6,10), sostenga questi nostri propositi e rafforzi in noi l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori di misericordia. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. |
SACRAMENTO UNZIONE DEGLI INFERMI
Cari Fratelli e Sorelle, buongiorno, Oggi vorrei parlarvi del Sacramento dell’Unzione degli infermi, che ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l’uomo. In passato veniva chiamato “Estrema unzione”, perché era inteso come conforto spirituale nell’imminenza della morte. Parlare invece di “Unzione degli infermi” ci aiuta ad allargare lo sguardo all’esperienza della malattia e della sofferenza, nell’orizzonte della misericordia di Dio.
Ma quando c'è un malato a volte si pensa: “chiamiamo il sacerdote perché venga”; “No, poi porta malafortuna, non chiamiamolo”, oppure “poi si spaventa l’ammalato”. Perché si pensa questo? Perché c’è un po’ l’idea che dopo il sacerdote arrivano le pompe funebri. E questo non è vero. Il sacerdote viene per aiutare il malato o l’anziano; per questo è tanto importante la visita dei sacerdoti ai malati. Bisogna chiamare il sacerdote presso il malato e dire: “venga, gli dia l’unzione, lo benedica”. È Gesù stesso che arriva per sollevare il malato, per dargli forza, per dargli speranza, per aiutarlo; anche per perdonargli i peccati. E questo è bellissimo! E non bisogna pensare che questo sia un tabù, perché è sempre bello sapere che nel momento del dolore e della malattia noi non siamo soli: il sacerdote e coloro che sono presenti durante l’Unzione degli infermi rappresentano infatti tutta la comunità cristiana che, come un unico corpo si stringe attorno a chi soffre e ai familiari, alimentando in essi la fede e la speranza, e sostenendoli con la preghiera e il calore fraterno. Ma il conforto più grande deriva dal fatto che a rendersi presente nel Sacramento è lo stesso Signore Gesù, che ci prende per mano, ci accarezza come faceva con gli ammalati e ci ricorda che ormai gli apparteniamo e che nulla - neppure il male e la morte - potrà mai separarci da Lui. Abbiamo questa abitudine di chiamare il sacerdote perché ai nostri malati – non dico ammalati di influenza, di tre-quattro giorni, ma quando è una malattia seria – e anche ai nostri anziani, venga e dia loro questo Sacramento, questo conforto, questa forza di Gesù per andare avanti? Facciamolo! |
GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE – 20 Ottobre 2013Il 20 ottobre prossimo si celebrerà la 87a Giornata Mondiale Missionaria, per la quale Papa Francesco ha preparato un ‘Messaggio’ incentrato sull’Anno della fede. Il Messaggio è suddiviso in 5 paragrafi, che ho cercato di riassumere e di semplificare, rimanendo fedele al testo.
2) L’Anno della fede, a 50 anni dal Concilio Ecumenico Vaticano II, ha lo scopo di rendere sempre più consapevole la Chiesa della sua presenza e della sua missine nel mondo. Il Concilio ha sottolineato come il compito missionario sia proprio di ogni battezzato e di tutte le comunità cristiane. Ogni comunità deve sentirsi missionaria. La missionarietà non un aspetto secondario della vita cristiana, ma essenziale. Tutti siamo inviati sulle strade del mondo a testimoniare la nostra fede in Cristo. Ogni comunità deve quindi dare rilievo alla dimensione missionaria nei programmi pastorali. 3) A volte si pensa che annunciare il Vangelo sia far violenza alla libertà degli altri, mentre la Chiesa non vuole mai imporre, ma solo proporre la via buona del Vangelo a tutti.Non si può annunciare Cristo senza la Chiesa. Ogni evangelizzatore, anche se è solo, compie un atto di Chiesa. Egli non è mai solo, ma parte di un unico Corpo animato dallo Spirito Santo. 4) Oggi viviamo in un mondo caratterizzato dalla mobilità. La gente si sposta continuamente per varie ragioni di turismo, di lavoro, di svago, ecc. Ci sono poi gli estranei alla fede, gli indifferenti, un’ampia parte dell’umanità che non è ancora stata raggiunta dalla buona notizia di Gesù Cristo. Tutto ciò rende ancora più urgente portare con coraggio in ogni realtà il Vangelo di Gesù Cristo, che è annuncio di speranza. La Chiesa non fa proselitismo, non è una organizzazione assistenziale, un’impresa, una ONG (Organizzazione non governativa), ma è una comunità di persone animate dallo Spirito Santo, che hanno incontrato Gesù Cristo e desiderano comunicarlo anche agli altri. 5) Papa Francesco elogia i missionari e le giovani Chiese che vanno in aiuto alle Chiese in difficoltà. ‘Donare missionari e missionarie non è mai una perdita, ma un guadagno’. Anche le Conferenze Episcopali, i Vescovi, le Famiglie religiose devono favorire le vocazioni missionarie. Il Papa invita poi i missionari ‘a vivere con gioia il loro prezioso servizio alla Chiesa a cui sono inviati’. Vanno sostenute anche le Pontificie Opere Missionarie. Un pensiero particolare Papa Francesco lo rivolge ai cristiani perseguitati, perché ricordino le parole di Gesù: ’Coraggio! Io ho vinto il mondo’. Il messaggio papale si conclude con un pensiero di Papa Benedetto XVI, espresso nella Lettera ‘Porta fidei’: ‘che l’Anno della fede rafforzi il nostro rapporto con Cristo e ci doni di sperimentare ‘la dolce e confortante gioia di evangelizzare’. (Paolo VI) |
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