SIMBOLISMI DELLA PIAZZA DELLA CHIESA DI SANTO STEFANO IN CESANO MADERNO

Venerdì, 1°Novembre, ricorre l’82° anniversario della consacrazione della nostra chiesa, per le mani del beato card. Ildefonso Schuster e vorrei rendervi partecipi di una mia riflessione fatta osservando il sagrato e la piazza antistante la nostra bella chiesa, ‘il nostro Duomo’, perché potrebbe avere un significato simbolico molto bello e importante religiosamente.

La piazza della chiesa di Santo Stefano, chiamata anche Piazza Mons. Arrigoni dal parroco che ha iniziato i lavori, è di proprietà della parrocchia che la deve tenere in ordine, con la collaborazione del Comune che si assume l’incarico di curare soprattutto le aiuole della piazza.

Normalmente ogni chiesa ha una sua piazza, più o meno grande, più o meno bella, che tutti conoscono e attraversano almeno ogni volta che la frequentano per la Messa o per le loro devozioni.

La piazza della chiesa, per un profano, è un luogo qualsiasi come tanti altri del paese o della città, mentre per un credente può avere un significato sorprendente.

In una mattina di ottobre, recandomi in chiesa per la celebrazione della santa Messa, mentre la piazza era ancora deserta, mi sono soffermato sul portale della chiesa ad osservare attentamente alcuni particolari della piazza.

Ho visto anzitutto che, in occasione della Festa settembrina della parrocchia di Santo Stefano, (27 settembre), il Comune, in occasione del 150° della riunione delle  tre Frazioni in un unico comune: Cesano centro-Binzago e Cassina Savina, ha rinnovato le tre panchine dell’aiuola che fiancheggia il torrente Seveso e che permettono un po' di relax ai frequentatori della piazza, anche se, essendo il sedile di legno, quando piove, o cade la rugiada, diventano inservibili perché sono sempre bagnate.

Ho notato poi che nelle due aiuole centrali ci sono diverse piante di ulivo (una delle quali è in ricordo del mio 60° di Sacerdozio) che mi hanno richiamato, con un pizzico di fantasia, il Getzemani di Gerusalemme (‘l’orto degli ulivi’).

Ho osservato poi che nella aiuola di destra, (guardando verso la chiesa antica) vi è un grosso masso di pietra grezza recante un tondo in bronzo con il Volto di Gesù morto, masso poggiato su lastre basilari di pietra, che mi hanno richiamato il sepolcro di Gesù.

A fianco di quanto ho descritto, sempre nell’aiuola di destra, ho visto una fontana, che di solito è spenta, ma che se fosse funzionate con l’acqua che zampilla, richiamerebbe l’acqua del battesimo, fonte di vita nuova, che spiegherebbe la vivacità del verde delle aiuole e dei fiori che la ornano.

Da ultimo, voltandomi verso via Dante, ho notato che a fianco dell’ingresso laterale sinistro della chiesa, (sempre guardando la piazza dal portale della chiesa), vi è un’aiuola con una bellissima statua in bronzo della ‘Pietà’, ossia della Madonna che sorregge Gesù deposto dalla croce. La statua era stata collocata da mons.
Emilio Meani
in ricordo e a conforto di tutte le madri addolorate per la perdita di un figlio.

Tutto ciò che ho descritto potrebbe sembrare casuale e insignificante, ma non è così. Sicuramente la persona che ha cura normalmente e volontariamente della piazza, (si chiama Alberto Franchi), quando ha piantato gli ulivi, ha collocato la grossa pietra con il Volto di Gesù, ha messo il vaso di fiori, ecc., non pensava a questi significati, ma il Signore li conosceva e si è servito del suo ‘aiutante volontario’, che vediamo spesso lavorare sulla piazza anche come muratore per riparare le sconnessioni della pavimentazione, per farle conoscere a tutti i frequentatori della piazza.

Ad Alberto Franchi vorremmo esprimere la riconoscenza della comunità per questo suo servizio umile e nascosto, ma molto importante e utile per la comunità.

Ora però ci domandiamo il perché di tutta questa chiacchierata sulla piazza della chiesa di Santo Stefano! La risposta la troviamo all’interno della chiesa, per cui la piazza serve ‘per introdurre’ il frequentatore della chiesa e ‘avvicinarlo al mistero’ che si compie in chiesa.

Il centro ideale della chiesa è l’altare, dove quando si celebra la santa Messa si rinnova il mistero della morte e resurrezione del Signore.

A fianco dell’altare (purtroppo ancora in legno, invece di essere di pietre pregiate e in altro spazio della chiesa!) si trova il Battistero, dove i battezzandi, in forza della grazia dello Spirito Santo, diventano figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo e membri della Chiesa.

Le pareti laterali della chiesa sono punteggiate dai Confessionali, nei quali viene elargita ai penitenti pentiti, la misericordia del Signore, che sgorga dall’altare.

A fianco del Battistero si trova l’altare della Madonna (o di Sant’Anna), effigiata anche sula parete di fondo dell’edificio come ‘Madre della Chiesa’, la cui devozione non è ‘facoltativa’ ma ‘essenziale’ per dei cristiani, perché la Madonna è la Mediatrice di tutte le grazie che provengono da Gesù.

In conclusione: in chiesa troviamo la ‘realizzazione’ di quanto abbiamo visto ‘simboleggiato’ nella piazza. 

Quando allora ci rechiamo in chiesa, invece di essere frettolosi e distratti, pensiamo a questi simbolismi della piazza e la nostra preghiera riuscirà certamente più gradita al Signore e alla Madonna e più efficace per noi.

Don Giovanni Tremolada

 

 

 

82° ANNIVERSARIO DELLA CONSACRAZIONE

DELLA CHIESA DI SANTO STEFANO DI CESANO MADERNO


Il 1° Novembre 2019 la parrocchia di Santo Stefano di Cesano Maderno ricorda l’82° anniversario della consacrazione della chiesa, avvenuta per le mani del Beato card. Ildefonso Schuster, nella Festa di Ognissanti del 1937.

 

Ringraziamo il Signore che da 82 anni abita in questa Sua e nostra Casa, dove noi Lo possiamo sempre incontrare liberamente, senza appuntamento e dove possiamo partecipare ogni giorno, ma soprattutto ogni domenica, al suo Sacrificio di salvezza.         

Ringraziamo i sacerdoti che in questi 82 anni hanno svolto il loro apostolato in questa chiesa e soprattutto quelli che hanno contribuito alla sua costruzione e al suo abbellimento: mons. Ambrogio Arrigoni (mancato nel 1931), il progettista arch. mons. Spirito Maria Chiapetta, (mancato nel 1948), don Natale Remartini, (mancato nel 1951), mons. Emilio Meani (mancato nell’anno 2000), don Lino Marelli (mancato nel 2007), don Flavio Riva (ancora vivente in qualità di Cappellano dell’Ospedale di Varese), don Stefano Gaslini, da 2 anni alla guida di questa parrocchia e Parroco della Comunità Pentecoste , che riunisce 4 parrocchie (Santo Stefano, San Pio X, San Bernardo, e San Carlo alla SNIA).

A lui auguriamo di poter seguire le orme dei suoi predecessori.         

Ringraziamo soprattutto i parrocchiani di Santo Stefano, i quali con grande determinazione e con tanti sacrifici, hanno voluto la costruzione di questa chiesa per esprimere la loro fede e il loro amore per il Signore.

Desidero anche esprimere un ringraziamento personale.

Questa è la mia chiesa, dove sono stato battezzato, dove è nata e cresciuta la mia vocazione, dove ho celebrato la prima santa Messa e tutti gli anniversari, compreso il 60° di sacerdozio, nel 2018.  Chissà se mi sarà concesso di celebrare nel 2023 anche il 65° di sacerdozio!

Affido questo mio auspicio alla Madonna Addolorata, ai Santi Martiri Stefano, Felice e Giuliana nostri patroni, e li prego perché benedicano e proteggano questa nostra comunità, ciascuno di voi e ogni vostra famiglia.

 

 

IL DUOMO DI SANTO STEFANO: CROCE E DELIZIA

La Festa patronale di quest’anno ha un significato particolare per la parrocchia di Santo Stefano, perché ricorda l’80° anniversario della consacrazione della chiesa parrocchiale, avvenuta il 1° Novembre 1937 per opera del beato card. Ildefonso Schuster. In questa occasione il pensiero corre a tutti coloro: arcivescovi, parroci, sacerdoti e laici, che l’hanno pensata, progettata, costruita, direi quasi ‘sognata’ come il ‘Duomo di Cesano’, in parallelo con quello di Milano, che esprimesse la loro fede e la loro volontà di preparare una Casa degna di Dio e del popolo  cesanese. 

​E’ doveroso quindi ricordare il card. Eugenio Tosi che ha posato la prima pietra nel 1925, e il card. Ildefonso Schuster, che l’ha consacrata nel 1937, insieme ai Parroci che si sono succeduti negli 80 anni: mons. Ambrogio Arrigoni, don Natale Re Martini, mons. Emilio Meani, don Lino Marelli, don Flavio Riva, con tutti i Sacerdoti coadiutori, ma soprattutto bisogna onorare il popolo di Cesano Maderno che, con grandi sacrifici, raccoglieva settimanalmente le uova, il granoturco  e gli ortaggi per poterli trasformare in sabbia, cemento e marmi per la chiesa.

Come cittadino cesanese e come sacerdote parrocchiano di Santo Stefano, cresciuto in questa chiesa (qui ho ricevuto la Santa Cresima, sono vissuto come seminarista, ho celebrato la prima Santa Messa, il 25°, il 50° e qui…verranno fatti i miei funerali!), avrei desiderato festeggiare l’80° della consacrazione della chiesa in altro modo, trovandola cioè finalmente rifinita e tirata a lucido, secondo il progetto originario concepito dall’architetto mons. Spirito Chiapetta 80 anni fa, in uno stile gotico lombardo, con l’altare collocato sul presbiterio, proprio come nel Duomo di Milano. Mi ritrovo invece un altare (e connessi), ancora provvisorio, in posizione scentrata rispetto al progetto originario e per di più in legno, materiale che assolutamente stride in una chiesa di stile gotico. Perché è stato fatto questo? Per un capriccio e una infatuazione del momento! 

Si sapeva che prima o poi il tutto sarebbe stato rimosso e finito in discarica, ma nonostante questo si volle provare e riprovare! Mi viene alla mente l’albergo ‘Gran Sasso Resort’ di Rigopiano in Abruzzo, distrutto da una valanga il 18 gennaio 2017. Tutti sapevano che era una costruzione abusiva e a rischio valanghe, ma vollero farla ugualmente, con l’esito che tutti conosciamo! Così, penso personalmente, sarà la sorte dell’altare in legno di Santo Stefano! Prima o poi tutto andrà in fumo! Rimarranno solo i ruderi, ossia rimarranno i debiti (questa volta davvero ingenti!) che gli ‘Stefanini’(i fedeli di Santo Stefano), con pazienza e rassegnazione dovranno pagare! 

Tutto questo però non ci scoraggia, anzi rafforza la nostra fede e ci rende ancora più uniti e affezionati al nostro ‘Duomo di Santo Stefano’!

Don Giovanni

 

 IL NUOVO ALTARE DI SANTO STEFANO:

‘UNA SCARPA E UNA CIABATTA’ MA CIO CHE CONTA E’ LA MESSA

Molti pensavano di vedere il nuovo altare di Santo Stefano finito per la Festa patronale e di poterlo inaugurare, mentre bisognerà attendere ancora un po' per le rifiniture.

Come al solito, mi è stata richiesta una mia impressione sul nuovo altare. La prima immagine che mi si è presentata è stata quella di: "Una scarpa e una ciabatta". In certe occasioni, piuttosto che camminare a piedi nudi, non potendo avere un paio di scarpe, vanno bene anche una scarpa e una ciabatta.

Nella nostra chiesa la ‘scarpa’ è rappresentata dalle sue linee architettoniche gotiche, che dai basamenti delle colonne di marmo invitano ad alzare lo sguardo verso le arcate ogivali e oltre, verso la guglia centrale, verso il cielo, verso l’Infinito.

La ‘ciabatta’ è rappresentata dal nuovo altare-palcoscenico con tutto il suo contorno di piattaforme e di gradinate, rigorosamente in legno dipinto a mano, collocato in una posizione centrale della chiesa, che riduce significativamente la sua capacità ricettiva.

Di bello e di buono sta il fatto che è ancora tutto ‘instabile e provvisorio’ e che quindi un giorno, presto o tardi, anche il nuovo altare finirà  alla discarica come il precedente  e andrà tutto in fumo! Rimane il dispiacere per i soldi sciupati  e questa volta sono proprio tanti!

Per oggi le cose stanno così, e per domani… chi vivrà vedrà! I fedeli di Santo Stefano sono di bocca buona e accettano tutto, salvo un giorno chiedersi: ma chi e perché ha fatto una cosa simile, non rispettando il progetto originario della chiesa?.

Quello che è importante dire però non riguarda l’altare, ma ciò che avviene sull’altare. Che un altare sia di marmo o di legno non ha nessuna importanza, ciò che conta è che sull’altare venga celebrata la Messa, che rinnova, ripete, riproduce, ri-attua  il Sacrificio della nostra salvezza.

Auguriamoci che anche il nuovo altare ‘instabile e provvisorio’ serva a far comprendere maggiormente ai fedeli il valore, l’importanza, l’insostituibilità della Messa e ad aumentarne la frequenza e la partecipazione.

 

IL NUOVO ALTARE IN SANTO STEFANO:

LA VITTORIA DI PIRRO O IL CANTO DEL CIGNO?


Dai, dai che ce la fai!
E ce l’ha fatta il parroco a impiantare l’altare che ha voluto  nella chiesa di Santo Stefano, nonostante tanti pareri contrari alla logica del buon senso. Potremmo dire che si tratta di una vittoria di Pirro, dato l’alto prezzo che si dovrà pagare in futuro per ripristinare il progetto originario della chiesa. Il nuovo altare potrebbe essere anche  considerato il ‘Canto del Cigno’ del parroco, destinato a lasciare un suo ricordo personale nel tempo a Cesano Maderno.

Molti sanno che il mio parere di cittadino cesanese. di parrocchiano di Santo Stefano e di prete cresciuto in questa chiesa, è sempre stato ed è tuttora negativo, per i motivi che ho più volte indicato e che riporto:

1)Il nuovo altare è un’offesa allo stile originario della chiesa, concepito dall’arch. mons. Maria Spirito Chiapetta, autore di molte altre chiese nel milanese e non solo. E’ stato ingegnere e architetto anche della Santa Sede durante il pontificato di papa Pio XI.

Sarebbe come se nel cortile del palazzo Borromeo (che è del 1600) si aprisse un moderno supermercato! Certo che qualcuno direbbe: va bene, è comodo, è in centro al paese, ma… forse farebbe dubitare della sua normalità mentale!

Così la chiesa di santo Stefano è stata progettata nello stile ‘gotico lombardo’ di 80 anni fa, significato dalle arcate, dalle vetrate, dalla guglia centrale… e, all’esterno, da mattoni a vista, caratteristica delle  costruzioni progettate da mons. Chiapetta.

2)E’ un offesa ai parroci di santo Stefano, che negli anni passati hanno voluto, curato, abbellito, restaurato la chiesa fin dalle fondamenta, predisponendo il nuovo altare sul presbiterio, come la cattedra in un aula scolastica.

3)E’ un’offesa ai parrocchiani di santo Stefano, che hanno fatto grandi sacrifici per avere il loro ‘Duomo’, simile a quello di Milano, che esprimesse la loro fede, raccogliendo uova, granoturco, patate, riso, ecc. per coprire le spese.

4)E’ un’offesa al beato card. Ildefonso Shuster, che nel 1937 ha consacrato la chiesa e l’ha visitata in più occasioni, complimentandosi con i parrocchiani per la ‘bella, grande e originale costruzione’.

5)E’ un’offesa alla situazione precaria in cui versa la gente in questo momento, senza lavoro, senza soldi per pagare le bollette e per vivere. Il nuovo altare sarebbe proprio uno spreco inutile, una vera offesa ai poveri di Cesano.

6)E’un’offesa anche alla mia persona che, in occasione del mio 50° di sacerdozio (1958-2008), avevo predisposto una certa somma per aggiudicarmi il nuovo altare, come segno di riconoscenza al Signore e ai Cesanesi per l’inestimabile  dono del sacerdozio.

I soldi non utilizzati ritornati al mittente

Poiché i 10.000 Euro anticipati da don Giovanni in occasione del suo 50° di sacerdozio non erano stati utilizzati per l’altare originario, sono stati da lui richiesti e ritornati al mittente. Don Giovanni, ‘non potendo costruire un altare di marmo, ha pensato bene di costruire un altare di carne’, e ha distribuito l’intera somma a 20 Associazioni caritative religiose e laiche di Cesano (500 euro a ciascuna)!

Una nuova chiesa nel Burundi (Africa centrale)

Quello che non ho potuto fare però nella chiesa di Santo Stefano a Cesano Maderno, ho potuto farlo in Africa, precisamente nel Burundi (Centro Africa). L’anno scorso ero venuto a sapere che nel villaggio di Rwiri, attualmente nella diocesi di Bubanza, dove 42 anni fa, i miei parrocchiani di Bariana di Garbagnate avevano contribuito a costruire una chiesetta, (insieme ad una casetta per il missionario e una piccola scuola), la vecchia chiesetta  era stata demolitaper far posto ad una nuova chiesa più capiente,perché i cristiani, da 500 nel 1970, sono oggi 7000! Nel gennaio 1974 ero andato nel Burundi ad inaugurare la chiesetta, della cui festa conservo ancora un vivissimo ricordo. Gli abitanti del villaggio aspettavano da tempo la nuova chiesa, che non poteva essere costruita per assoluta mancanza di mezzi, trattandosi di persone poverissime. Ritenni che la Provvidenza mi richiamava là per completare l’ opera. In meno di sei mesi,  con qualche bonifico, è sorta la nuova chiesa, da loro chiamata ‘cattedrale’, perché misura m. 18 x 38 e può contenere 2.500 persone sedute. Sono stato invitato ad inaugurare anche questa seconda chiesa, ma purtroppo la salute non me l’ha permesso.Sono però felice e orgoglioso di poter lasciare sulla terra un altare e una chiesa in ricordo e in riconoscenza del mio sacerdozio.

E a Cesano non lascia nessun ricordo?

Evidentemente non potevo trascurare la mia chiesa di Santo Stefano a Cesano Maderno! Ho pensato allora di raccogliere gli ultimi risparmi della mia vita per lasciare alla parrocchia di santo Stefano una somma simile alla precedente, ma non da utilizzare ora, bensì da destinare al Parroco che verrà negli anni futuri e che si impegnerà a ricollocare l’altare sul presbiterio, secondo il progetto originario della chiesa.

Una domanda ovvia e la sua risposta

Mi direte: ma l’Arcivescovo, la Curia, l’Ufficio delle belle arti diocesano, il Consiglio  pastorale della parrocchia… che cosa hanno detto a proposito di questo nuovo altare?  In verità non si è capito bene come sono andate le cose!

Secondo il mio modesto parere e quello di autorevoli liturgisti, si è voluto assecondare una moda post-conciliare, che ha portato a questi risultati.

Questa nuova moda ha privato la chiesa della sua ‘sacralità’ togliendole il senso del ‘mistero’, mettendo in risalto più l’uomo, che Dio. Il prete all’altare diventa  un attore più che un ministro di Dio; l’altare diventa come un palcoscenico; l’assemblea diventa una platea; il canto un concerto più o meno urlato, sorretto da una band.  La chiesa stessa diventa un auditorium in cui si fanno determinate celebrazioni: battesimi, matrimoni, messe, funerali, per poi vuotarsi di notte e di giorno.  Entrando in chiesa nelle diverse ore del giorno è raro trovare gente che prega, in adorazione; al massimo si trova qualcuno davanti ‘all’immagine’ della Madonna, o del Sacro Cuore, o di Santa Rita, ma il ‘Santissimo’ presente nel tabernacolo, è ignorato! Alle adorazioni pubbliche del venerdì, vedi sempre le stesse facce: tre suore e 4 anziane dai 70 agli 80!, le stesse che frequentano abitualmente la Messa e i Sacramenti! A Natale e a Pasqua vedi uno sciame di chierichette/i che corrono su e giù per l’altare, mentre nelle feste abituali e nei giorni feriali vedi il prete solo soletto che per fortuna sa cavarsela anche da solo. Dei ragazzi, degli adolescenti, dei giovani…nemmeno l’ombra!

L’emerito Papa Benedetto XVI, che di liturgia se ne intendeva e se ne intende, è decisamente sulla linea della ‘sacralità’ e non della ‘modernità’!

Anche l’attuale Prefetto della Congregazione vaticana per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, card. ALBERT SARAH, avrebbe già predisposto che dalla prima domenica di Avvento 2016 inizi ‘la Riforma della Riforma liturgica’, che prevede l’altare ‘rivolto a oriente’, esattamente il contrario di ciò che si vorrebbe fare a Cesano.

(Leggere in Internet: ‘card. Albert Sarah.it’)

Si sa comunque che le mode passanoAnche i preti passano, ma per fortuna le chiese restano!

DON GIOVANNI TREMOLADA

 

 INCREDIBILE! LA CHIESA NEL BURUNDI (Africa)

E’ GIA’ PRONTA E FUNZIONANTE. IL SOGNO E’ REALIZZATO!

Più volte ho detto e scritto che prima di morire vorrei lasciare come ricordo del mio Sacerdozio un ALTARE o una CHIESETTA. L’altare è il simbolo più eloquente del sacerdote, anzi il sacerdote si identifica con l’altare e la chiesa è la sua vera casa e dei suoi fedeli.

Avrei voluto aggiudicarmi il nuovo altare della nostra ‘Cattedrale’ di Santo Stefano di Cesano Maderno, completando così  il restauro generale della chiesa eseguito dal parroco don Lino Marelli, (1992-2007). Mancava solo il nuovo altare, tra l’altro già predisposto, sul vecchio presbiterio della chiesa, come previsto dall’ Arch. Mons. Chiappetta, nel suo stile gotico lombardo del primo Nocevento.

Ci tenevo tanto perché la chiesa di santo Stefano è la ‘mia’ chiesa, dove sono stato cresimato, dove sono cresciuto come seminarista, dove ho celebrato la prima santa Messa, il 25°, il 50° di sacerdozio, e dove verranno officiati… anche i miei funerali!

Purtroppo, per vari motivi, non è stato possibile realizzare il mio sogno, pur avendo anticipato una certa somma per tale realizzazione, in occasione del mio 50° di sacerdozio (2008).

Ho incominciato allora a guardare altrove, alla ricerca di un luogo dove poter assecondare il mio desiderio. Dopo tanto pensare, mi sono ricordato che 41 anni fa, quando ero parroco a Bariana di Garbagnate, con i miei parrocchiani (mai dimenticati!) avevamo fatto costruire in un villaggio sperduto e povero del BURUNDI (Africa), una chiesetta, un piccola scuola e una casetta per il missionario.

Nel gennaio 1974 ero andato anche ad inaugurare la chiesetta, invitato dai MISSIONARI COMBONIANI e dai fedeli del Villaggio di Rwiri. Mi avevano fatto gli onori di casa il capo del villaggio e primo catechista, sig. Gabriele, tutt’ora vivente, insieme alle autorità e ai fedeli di tutta la vallata. E’ stata una grande festa!

Mi sono messo subito in contatto, via Internet, con i nuovi missionari del posto, che attualmente sono SACERDOTI AFRICANI, i quali mi hanno informato che la primitiva chiesetta di Rwiri era stata distrutta, per costruirne un’altra più grande, dato che i fedeli della parrocchia, da 500 di 41 anni fa sono diventati ora 7000!

Mi dissero che avevano iniziato i lavori della nuova costruzione della chiesa, con grandi sacrifici dei fedeli, ma che si erano subito interrotti per mancanza di fondi.

Il segnale della Provvidenza era per me inconfondibile: là io dovevo fare qualche cosa, ultimando l’opera iniziata 41 anni prima. Dopo aver inviato immediatamente un primo bonifico, i lavori di costruzione sono subito ripresi e in pochi mesi sono stati ultimati, tanto che a Natale dell’anno scorso è stata celebrata la prima santa Messa, con grande soddisfazione del parroco e di tutti i fedeli di Rwiri.

Attualmente la chiesa, imponente come una cattedrale, anche se povera, (vedete le foto) è finita, ma è spoglia e mancano le rifiniture, sia all’esterno che all’interno. Il mio impegno è di ultimarla e arredarla, con le panche, il fonte battesimale, la statua della Madonna e di San Giuseppe, ecc. ma soprattutto L’ALTARE, con tutto l’occorrente per le sacre liturgie.


Ora, il mio grande desiderio sarebbe di andare a celebrare una santa Messa in quella  NUOVA CHIESA e su quel NUOVO ALATRE, portando un NUOVO CALICE, perché quello che avevo lasciato 41 anni fa come ricordo della mia visita (era il Calice della mia prima Messa, regalo di papà e mamma), è stato rubato dai soldati durante la guerra tra Tutsi e Hutu quando hanno saccheggiato la chiesa.

Non so se sarà possibile concretizzare il mio desiderio di recarmi nel Burundi, ma sono ugualmente felicissimo e ringrazio immensamente il Signore per aver potuto realizzare il mio sogno!

 

Don Giovanni

 

BURUNDI (Africa Centrale) - PARROCCHIA B. PASTORE DI MURWI (SUCCURSALE DI  RWIRI)

Ho già scritto in questo Sito Internet, alla voce ‘Chiese’, il mio intento di contribuire a costruire una chiesa in Africa, per lasciare un ricordo del mio Sacerdozio.  A seguito dell’articolo precedente, (che si può leggere in questa bacheca), pubblico il ‘comunicato’ che mi è giunto dalla parrocchia di Rwiri dove io sono stato 40 anni fa per inaugurare una piccola chiesa, comunicato che informa sull’avanzamento dei lavori della nuova chiesa, promettendo di aggiornarvi sugli sviluppi successivi dell’iniziativa.                                            

Reverendo Don Giovanni

Prima di tutto la saluto calorosamente a nome mio e di tutta la mia parrocchia, in particolare a nome dei cristiani della Succursale di Rwiri. La ringrazio per aver pensato a noi per venirci incontro; è per noi un segno della provvidenza.

La succursale di Rwiri, che ha conosciuto 40 anni fa, nel tempo trascorso si è arricchita di numerosi nuovi cristiani.
La chiesetta di  un tempo l’hanno  dunque demolita e ne stanno costruendo  una più grande: le mura sono già in piedi.

Mancano quindi le capriate, le lamiere per il tetto, il cemento per il pavimento, i banchi per sedersi e l’altare.

Ora la succursale di Rwiri conta 7000 cristiani. Per il momento le Celebrazioni eucaristiche si svolgono nelle aule scolastiche.

Le foto che le ho mandato mostrano a che punto sono i lavori.

L’uomo che vede  in fotografia è Gabriel, il Catechista cha ha conosciuto 40 anni fa. Egli è la memoria storica vivente del Villaggio. Dice che il calice della sua prima santa Messa, che lei aveva lasciato a Rwiri dopo la Messa di inaugurazione della chiesa, è stato rubato durante la guerra.

Ci dispiace molto!

Ringraziamo il buon Dio che ha permesso a Gabriel di sopravvivere fino ad ora. Per ora le nostre notizie sono queste ma la terremo aggiornata.

Le auguriamo che Dio continui a proteggerla e che insieme possiamo continuare a collaborare per il bene dei nostri cristiani.

Anch’io, suor VIVINA, che lei ha conosciuto telefonicamente, approfitto per salutarla e ringraziarla. 

Ho tradotto dal francese il testo del parroco P. Giorgio Ndagijimana.  Che il Signore la benedica!

P. S. Je m'excuse de ce retard car les connexions Internet sont très difficile chez nous au Burundi.

(Mi scuso per il ritardo, perchè le comunicazioni in Internet nel Burundi sono molto difficoltose).

 

UNA CHIESA E UN ALTARE - NEL BURUNDI (Africa): CASO O PROVVIDENZA?

 

Ho già detto e scritto che non mi è stato possibile aggiudicarmi il nuovo altare della chiesa di Santo Stefano, come avrei tanto desiderato.

 

D’altra parte non ho smesso l’idea di lasciare sulla terra un altare come ricordo e in riconoscenza del dono del sacerdozio.

 

Pensando e pregando mi venne in mente che quarant’anni fa, i miei parrocchiani di Bariana di Grbagnate, (mai dimenticati!) avevano contribuito a erigere una chiesetta, una piccola scuola e un minialloggio per il missionario, nel Burundi, (un Paese al centro dell’Africa), in un villaggio sperduto, chiamato Rwiri, appartenente alla parrocchia di Cibitoke, attualmente nella nuova Diocesi di Bubanza.

 

(Il Burundi è tornato purtroppo alla ribalta nei giorni scorsi per un fatto doloroso: l’uccisione di 3 Suore missionarie laiche a Bujumbura, la capitale del Burundi. Le ricordiamo con immenso affetto, le affidiamo al Signore e ci affidiamo alla loro intercessione).

 

Nel 1974, ad opere compiute, ero stato invitato dai missionari Comboniani che assistevano la parrocchia, ad andare a Rwiri  ad inaugurare la chiesetta. Ricordo ancora come fosse oggi, la festa che fecero gli abitanti del villaggio.

 

La chiesetta era molto modesta: le mura perimetrali, i vani della porta centrale e delle finestre laterali, senza infissi. Come sedili c’erano dei tronchi d’albero distesi e come altare una tavola di legno sorretta da due colonnine di mattoni a vista. Per loro, abituati a riunirsi per la Messa e per la catechesi sotto  un grande albero, la chiesetta era come una cattedrale.

 

La santa Messa di inaugurazione della cappella era durata più di tre ore, tra canti, danze e gioia che sprizzava da tutti i pori dei presenti. Ogni tanto il missionario concelebrante, P. Giampaolo Pezzi, Comboniano,  traduceva nella lingua locale ciò che avveniva all’altare.

 

Dopo il pranzo ufficiale a base di manioca, fagioli e birra, la festa era continuata anche al pomeriggio con i discorsi delle autorità del villaggio e naturalmente con danze a non finire.

Per la celebrazione della S. Messa avevo portato dall’Italia il Calice della mia prima Messa, regalo di papà e mamma e al termine della Messa, ho detto loro: ‘Vi lascio in ricordo della mia visita ciò che ho di più caro, il mio Calice’. Il dono è stato graditissimo.

 

Nei giorni scorsi, ricordando questo fatto, mi sono detto: il Calice che ho lasciato richiama l’altare. Non è che il Signore vuole che io contribuisca a riordinare quell’altare e quella chiesetta di Rwiri, dando al mio gesto una dimensione più ampia e universale? Il Calice lasciato a Rwiri, è stato un caso o un segno della Provvidenza?

 

Mi sono dato subito alla ricerca di notizie su Internet, aiutato anche dal nostro concittadino missionario, P. Roberto Monti, il quale però si trova in un’altra Diocesi del Burundi. La ricerca è stata un po’ difficile perché sono cambiati i sacerdoti della parrocchia di Cibitoke. Non sono più i missionari Comboniani che avevo conosciuto nel 1974, ma ora la parrocchia è gestita da sacerdoti africani.

 

Le ultime notizie che mi sono giunte nei giorni scorsi dal Burundi  tramite una Suora benedettina italiana che risiede a Cibitoke sono queste:

1) Purtroppo la chiesetta di 40 anni fa è stata demolita perché i cristiani del villaggio da 500 nel 1974, sono diventati ora 7000 e richiedono una chiesa più grande.

2) Purtroppo anche il Calice personale è stato rubato durante la guerra fra Tutsi e Utu.

3) Il Catechista del villaggio che mi aveva accolto nel 1974, Gabriele, è ancora vivo ed è la memoria storica di Rwiri.

4) Ora è iniziata la costruzione della nuova chiesa. Tutto il villaggio partecipa alla costruzione, portando acqua e sabbia dal fiume, cocendo i mattoni, ecc. Sono quasi finiti i muri perimetrali (vedi foto) e mancherebbero le capriate e il tetto in lamiera, la pavimentazione in cemento, e poi l’altare e un po’ di arredi interni.

 

Sto  raccogliendo le ultime briciole dei miei risparmi di una vita per onorare il mio progetto. Certo che sarei felice di riuscire nel mio intento e di poter magari recarmi di nuovo nel Burundi per benedire la nuova chiesetta e il nuovo l’altare.

Che se non potrò realizzare il sogno andarci di persona, ci andrò con il cuore, e sarà comunque gioia immensa.

Don Giovanni.

 

IL NUOVO ALTARE DI SANTO STEFANO: UN'OFFESA Al BUON SENSO

 

Nel numero di Luglio  2014 del Notiziario ‘Comunità parrocchiale’ di Santo Stefano, in distribuzione domenica 29 giugno, nella seconda pagina vi è un articolo intitolato ‘Adeguamento liturgico della chiesa parrocchiale’, che invito caldamente a leggere.

Nelle Note dell’articolo, al n. 5 si dice: ‘Si continua l’ascolto e si raccolgono le osservazioni della Comunità attraverso il Gruppo liturgico, la Commissione parrocchiale, incontri pubblici…’. E’ a seguito di questo invito che, come cittadino di Cesano Maderno, come parrocchiano di Santo Stefano e come sacerdote cresciuto in questa chiesa, (qui sono stato cresimato, ho celebrato la prima santa Messa e le varie ricorrenze dell’Ordinazione, qui sto trascorrendo i miei ultimi anni e qui… avverrano i miei funerali!) intendo contribuire alla discussione, esprimendo con fermezza, ma anche  con rispetto di tutti, il mio pensiero.

La ‘Commissione’, (per usare un termine generico comprensivo di tutti gli interessati al problema), ha deciso di procedere alla radicale trasformazione dell’altare della chiesa, ‘con opportuni adeguamenti’, ignorando lo stile originario  della chiesa stessa (uno stile gotico lombardo di 70 anni fa), per collocarvi un altare moderno che stride con la struttura originaria della chiesa. Tra l’altro anche ‘gli adeguamenti’ richiedono nuove spese, che si aggiungono a quelle vecchie, per le quali si cercano disperatamente soldi!

Non dimentichiamo che l’niziativa del 1000 x 5, per aiutare le famiglie bisognose, non ha ancora avuto successo, in una città di 50.000 abitanti e con 7 parrocchie!

Anche la recente ‘lettera alle famiglie’ per coprire le spese attuali della Comunità, ha suscitato un notevole scalpore ed è stata giudicata per lo meno inopportuna, data l’attuale situazione precaria dei pensionati e dei disoccupati.

 

Vi indico alcuni motivi del mio dissenso:

 

1)  E’ un offesa allo stile originario della chiesa, concepito dall’arch. mons. Spirito Chiappetta, autore di molte altre chiese nel milanese. Sarebbe come se nel cortile del palazzo Borromeo (che è del 1600) si aprisse un moderno supermercato! Certo che qualcuno direbbe: va bene, è comodo, è in centro al paese, ma…. forse farebbe anche dubitare della sua normalità!

 

2)  E’ un offesa ai parroci di Santo Stefano che hanno voluto, curato, abbellito, restaurato la chiesa fin dalle fondamenta, predisponendo il nuovo altare collocato sul presbiterio, spendendo una barca di soldi. Giova forse ricordare che la chiesa non è né dell’Arcivescovo, né della Curia, né degli architetti, né dei liturgisti, e tanto meno del Parroco pro tempore, perché la chiesa è unicamente dei parrocchiani che l’hanno voluta.

 

3)  E’ un’offesa ai parrocchiani di Santo Stefano, che hanno fatto grandi sacrifici per avere il loro ‘Duomo’, simile a quello di Milano, che esprimesse tutta la loro fede, raccogliendo uova, granoturco, patate, riso, ecc. per coprire le spese.

 

4)  E’ un’offesa al beato card. Ildefonso Schuster che nel 1937 ha consacrato la chiesa e l’ha visitata in più occasioni, complimentandosi con i parrocchiani  per ‘la bella, grande e originale costruzione’.

 

5)     E’ un offesa alla situazione precaria in cui versa la gente in questo momento, senza lavoro, senza paga, senza il necessario per pagare le bollette e per vivere. Il nuovo altare sarebbe proprio uno spreco enorme e inutile, una vera offesa ai poveri di Cesano.

 

6)     E’ un’offesa anche alla mia persona che, in occasione del mio 50° di Sacerdozio (1958-2008), avevo predisposto una certa somma per aggiudicarmi il nuovo altare, come segno di riconoscenza al Signore e alla mia gente di Cesano per il dono del sacerdozio. Per fortuna i soldi (10.000 euro) mi sono stati restituiti e io li ho ridistribuiti a 20 Associazioni caritative religiose e laiche cittadine (500 euro a ciascuna).

 

Mi direte: e gli altri sacerdoti della parrocchia che cosa dicono in proposito? Credo che a loro non interessi più di tanto la cosa, sia perché normalmente non interessa quello che gli altri hanno fatto prima di loro, sia perché,  prima o poi, loro se ne andranno e i parrocchiani di Santo Stefano rimarranno con i cocci in mano, augurandosi che dopo venga qualcuno  in grado di rimetterli insieme, per ritornare alle origini.

Come andranno a finire le cose? Lo sa soltanto il Signore, il quale vede, sa e quindi provvederà!

Non dobbiamo essere pessimisti, perché le persone passano, ma la Chiesa resta, la vita continua ed è sempre bella se vissuta con il Signore, con la Madonna, con Santo Stefano, San Felice, Santa Giuliana, nostri patroni, e tutti i Santi, ai quali chiediamo intercessione e aiuto.

Don Giovanni Tremolada

 

LE MIE DUE CHIESE
 

La mia prima chiesa di Cesano Maderno è stata chiamata  ‘chiesa antica’, perché trae  le sue origini nel 1600 ed è stata la chiesa del mio Battesimo (1934), frequentata fino a 3 anni, quando i genitori mi accompagnarono nella ‘chiesa nuova’, voluta da mons. Ambrogio Arrigoni nel 1926, progettata da mons. Spirito Maria Chiappetta, fatta costruire da don Natale Remartini (1931) e consacrata nel 1937 dal beato card. Ildefonso Schuster.  Mons. Emilio Meani, parroco per 40 anni di santo Stefano, l’ha abbellita  e impreziosita e don Lino Marelli l’ha restaurata dalle fondamenta. Ora manca solo l’altare maggiore, in stile gotico lombardo, come lo richiede l’architettura della chiesa stessa.

Nella ‘chiesa nuova’ ho ricevuto la santa Cresima (22 novembre 1940), la Prima Comunione (1951), sono cresciuto come seminarista, ho celebrato la prima santa Messa (22 giugno 1958), il 25° e il 50° di sacerdozio

Pensavo di poter celebrare anche il 55° di Messa sul nuovo altare, per il quale avevo anticipato una certa somma (10.000 euro) per aggiudicarmelo, in ricordo e in riconoscenza al Signore e ai miei comparrocchiani, per il dono del sacerdozio, ma purtroppo, per ragioni varie, non è stato possibile!

La chiesa nuova di Santo Stefano rimane comunque la mia cattedrale, il monumento sacro a me più caro, dove, con ogni probabilità, verranno celebrati anche i miei funerali.

L'interno della Chiesa di Santo Stefano durante una Concelebrazione di sacerdoti con il Cardinale Dionigi Tettamanzi
La chiesa di Santo Stefano durante una Concelebrazione di sacerdoti con il Cardinale Dionigi Tettamanzi
L'altare barocco sul quale Don Giovanni ha celabrato la sua Prima S.Messa il 22 giugno 1958
  L'altare barocco sul quale Don Giovanni ha celabrato
la sua Prima S.Messa il 22 giugno 1958

L'altare barocco sul quale Don Giovanni ha celabrato la sua Prima S.Messa il 22 giugno 1958
  L'interno della Chiesa in stile gotico-lombardo

A sinistra l'interno della bellissima Cripta, usato soprattutto d'inverno e a destra l''altare con il riquadro della Madonna addolorata

Chiesa Antica  (1600)
dove Don Giovanni ha ricevuto il sacramento del Battesimo

Chiesa Nuova di Santo Stefano  (1937)
dove Don Giovanni ha ricevuto il sacramento del Cresima e
dove ha celebrato la prima S. Messa, il 25° e il 50°

NON UN ALTARE DI MARMO, MA DI CARNE:

L'interno della Chiesa di Santo Stefano durante una Concelebrazione di sacerdoti con il Cardinale Dionigi TettamanziNon essendo stato possibile preparare, nella chiesa di santo Stefano, il nuovo altare, situato sul vecchio presbiterio, secondo lo stile originario della chiesa, altare che volevo aggiudicarmi per ricordare il mio 50° di sacerdozio.  e per il quale avevo anticipato la somma di 10.000 euro; riavuta la somma, ho ritenuto bene di destinarla  interamente a delle Associazioni caritative, religiose e laiche, di Cesano Maderno.                    

Invece di un altare di pietra,  ho preferito un altare di carne, umano, sensibile, certamente più gradito al Signore, il quale ha detto: ‘Voglio la misericordia e non i sacrifici’. E’ il tema centrale delle omelie e delle catechesi di Papa Francesco in questi primi mesi di pontificato.

E’ così che, con la cortese collaborazione dell’Ufficio comunale per i Servizi sociali, nella persona dell’Assessore sig.na Sara Mariani, ho potuto avere un elenco  di queste Associazioni, che mi premurerò di conoscere e di vistare personalmente, per lasciare a ciascuna un segno e un ricordo del mio 55° di sacerdozio.

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